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I procedimenti computerizzati alla base delle moderne soluzioni di intelligenza artificiale si stanno diffondendo in maniera capillare, trovando impiego in un crescente numero di ambiti applicativi. Ad esempio, qualche giorno fa una rivista scientifica internazionale di primo livello ha pubblicato uno studio[1] sull’uso di reti neurali artificiali per generare, in via numerica, strutture di proteine plausibilmente aventi determinate proprietà: una volta riprodotte in laboratorio, tali proteine hanno poi effettivamente mostrato le proprietà precedentemente previste solo in via numerica. Questo tipo di applicazioni rientrano nell’ambito della così detta “sperimentazione in silico”, espressione coniata per indicare fenomeni di natura chimico-biologica riprodotti in una simulazione eseguita al computer, invece che “in vitro” (ossia in provetta) o “in vivo” (ossia su di un essere vivente). L’espressione “in silico” richiama il silicio impiegato nei circuiti integrati.

L’introduzione dei procedimenti amministrativi di decadenza e nullità davanti all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) non rappresenta certamente una rivoluzione copernicana nella disciplina dei marchi. Con questi procedimenti, infatti, l’Italia recepisce la Direttiva (UE) 2015/2436 e si allinea ai diversi paesi europei, quali esemplificativamente Francia e Germania, dove i medesimi sono già operativi da tempo.

Valutare se sussiste contraffazione di un brevetto per invenzione implica confrontare il prodotto o il processo che si considera in contraffazione con le rivendicazioni. Nel caso in cui si abbia una perfetta sovrapposizione tra caratteristiche rivendicate e caratteristiche del prodotto/processo si parla di contraffazione letterale (o diretta). Quando invece da tale confronto emergono delle differenze, perché sussista la contraffazione, in questo caso detta per equivalenti (o indiretta), è necessario accertare se gli elementi diversi rappresentino possano essere visti come “equivalenti” a quelli rivendicati. Nel corso degli anni la valutazione della contraffazione per equivalenti si è basata su approcci parzialmente diversi tra loro, ma a partire dal 2020 i tribunali i italiani ed in particolare la Corte di Cassazione sembrano orientati a seguire un approccio quanto più oggettivo possibile al fine di garantire una ragionevole sicurezza ai terzi.

A partire dalle modifiche apportate alle Guidelines for Examination dell'Ufficio Europeo dei Brevetti (UEB) nel 2021, i titolari di domande di brevetto europeo prossime alla concessione sono ora costretti a emendare i testi delle loro domande provvedendo alla cancellazione delle forme di attuazione descritte nella domanda ma non ricomprese nell'ambito di protezione conferito dalle rivendicazioni. L'applicazione di tali indicazioni ha portato allo sviluppo di una giurisprudenza divergente dei Boards of Appeal in merito a quale debba essere l'ampiezza degli emendamenti "obbligatori" e a quale sia la base legale per richiedere tali emendamenti. L'UEB ha altresì organizzato un workshop nel giugno di quest'anno per discutere della questione.

Nel corso di un giudizio il titolare del brevetto oggetto di causa ha la facoltà di limitare l'ambito di protezione del proprio brevetto effettuando un emendamento al set di rivendicazioni ai sensi del dettato dell'art. 79, comma 3, del Codice di Proprietà Industriale (CPI). Nel corso degli anni, la giurisprudenza italiana si è espressa numerose volte su tale norma prevalentemente in senso limitativo di tale facoltà.

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