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La contraffazione per equivalenti di un brevetto per invenzione industriale

Valutare se sussiste contraffazione di un brevetto per invenzione implica confrontare il prodotto o il processo che si considera in contraffazione con le rivendicazioni. Nel caso in cui si abbia una perfetta sovrapposizione tra caratteristiche rivendicate e caratteristiche del prodotto/processo si parla di contraffazione letterale (o diretta). Quando invece da tale confronto emergono delle differenze, perché sussista la contraffazione, in questo caso detta per equivalenti (o indiretta), è necessario accertare se gli elementi diversi rappresentino possano essere visti come “equivalenti” a quelli rivendicati. Nel corso degli anni la valutazione della contraffazione per equivalenti si è basata su approcci parzialmente diversi tra loro, ma a partire dal 2020 i tribunali i italiani ed in particolare la Corte di Cassazione sembrano orientati a seguire un approccio quanto più oggettivo possibile al fine di garantire una ragionevole sicurezza ai terzi.

L'articolo 52 del Codice di Proprietà Industriale[1] (CPI) stabilisce il ruolo delle rivendicazioni; queste sono destinate a definire l'ambito di protezione del brevetto e quindi a costituire il punto da cui partire per la valutazione della contraffazione, sia essa letterale o per equivalenti. Le rivendicazioni definiscono quindi ciò che il titolare intende escludere dall'utilizzo dei terzi, tale per cui se un terzo non autorizzato realizza un prodotto o attua un processo che riproduce letteralmente o per equivalenti quanto oggetto di rivendicazione opera una contraffazione.

La contraffazione letterale si ha quando sia riprodotto esattamente quanto rivendicato in un valido brevetto, senza introdurre alcuna modificazione. La contraffazione per equivalenti sussiste invece quando un soggetto terzo realizza una soluzione che, pur non potendosi leggere esattamente nelle rivendicazioni, può essere considerata molto simile a quella brevettata.

La contraffazione per equivalenti è regolamentata dal comma 3-bis dell'Art. 52 CPI; la norma ha lo scopo di tutelare i diritti del titolare garantendogli una protezione effettiva non subordinata alla riproduzione integrale e letterale di tutti i singoli elementi dell’invenzione e, al contempo, di assicurare ai terzi una ragionevole sicurezza giuridica ovvero che l'interpretazione delle rivendicazioni non venga estesa oltre misura facendo rientrare nell'ambito di protezione un prodotto/processo che di fatto il titolare non ha identificato quale propria invenzione. In altre parole, la dottrina degli equivalenti prevede che un prodotto o procedimento, pur formalmente diverso dall’invenzione brevettata, possa essere comunque ricondotto nell’ambito di esclusiva conferito dal brevetto, così da garantire al titolare del brevetto una protezione più equa, non limitata alla protezione fondata una su interpretazione strettamente letterale delle rivendicazioni.

Lo scopo è evidentemente evitare che varianti modeste e non significative varianti, apportate dal presunto contraffattore, possano consentire l’elusione della tutela conferita dal brevetto. Questo aspetto assume valore particolare in considerazione della continua evoluzione tecnologica, tale da far sì, per esempio, che un certo componente come descritto e rivendicato possa essere sostituito negli anni con un componente almeno formalmente diverso.        

Tradizionalmente la contraffazione per equivalenti è stata perlopiù valutata sulla base di un’’analisi del brevetto nel suo complesso e sull’individuazione, nell’invenzione e nel prodotto assunto essere in contraffazione o, della medesima “idea inventiva” o “idea di soluzione” o “nucleo inventivo protetto” o “cuore dell’invenzione brevettata” sacrificando in parte le esigenze di certezza dei terzi in relazione all'ampiezza dell'esclusiva brevettuale. Per esempio, nella sentenza della Corte di Cassazione n. 22351 del 2/11/2015 dove i giudici hanno confermato una decisione della Corte di Appello di Bologna secondo la quale – nonostante il dispositivo in discussione non riproducesse tutte le caratteristiche recitate nella rivendicazione principale – tale dispositivo rappresentava una contraffazione per equivalenti dal momento che riproduceva il "cuore inventivo" della soluzione tecnica brevettata. La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di appello concludendo che "la parzialità della riproduzione, sia strutturarle sia funzionale, del dispositivo brevettato non può valere a escludere la contraffazione, appunto perché può realizzarsi anche con l'equivalenza della soluzione tecnica riprodotta rispetto a quella tutelata".

A partire dalla sentenza n. 2977 del 7/2/2020[2] la Corte di Cassazione ha dato maggiore rilievo alle rivendicazioni del brevetto nel determinare la contraffazione per equivalenti abbandonando l'approccio precedente sostanzialmente incentrato sulla valutazione dell'invenzione nel suo complesso ricostruita sulla base delle caratteristiche (ritenute) essenziali della soluzione inventiva senza considerare attentamente il dettato delle rivendicazioni. La Corte nella suddetta sentenza afferma infatti che "i limiti della protezione sono determinati dalle rivendicazioni, anche se la descrizione e i disegni possono servire a interpretarle nel rispetto della regola di contemperamento espressa nell’art. 52, comma 3 che grava l’interprete della ricerca di una soluzione che contemperi l’equa protezione del titolare e la ragionevole sicurezza giuridica dei terzi (regola conforme al Protocollo interpretativo dell’art. 69 della Convenzione sul Brevetto Europeo, revisionato nel 2000 con la sostituzione della formula, ritenuta ambigua, che rinviava al “tenore delle rivendicazioni” con quella, più secca e incisiva, riferita alle “rivendicazioni”).

Tale nuovo approccio è stato confermato in diverse sentenze della Corte di Cassazione, tra le ultime le ordinanze n. 120 del 4/1/2022 e n. 30943 del 20/10/2022[3] dove è stato confermato il ruolo centrale delle rivendicazioni, e quindi delle singole caratteristiche rivendicate, per l'accertamento della contraffazione per equivalenti. La Corte di Cassazione ha quindi cercato di condurre la valutazione della contraffazione per equivalenti in termini oggettivi, non essendo considerato corretto attribuire rilievo alle intenzioni soggettive del titolare del brevetto.

In queste ultime ordinanze la Suprema Corte tra i due metodi impiegati per la valutazione della contraffazione per equivalenti, ovvero il c.d. triple test o metodo function-way-result e quello dell'ovvietà della sostituzione[4], ha privilegiato il primo metodo concludendo che "al fine di valutare se la realizzazione contestata possa considerarsi equivalente a quella brevettata, così da costituirne contraffazione, occorre accertare se, nel permettere di raggiungere il medesimo risultato finale, essa presenti carattere di originalità, offrendo una risposta non banale, né ripetitiva della precedente, essendo da qualificarsi tale quella che ecceda le competenze del tecnico medio che si trovi ad affrontare il medesimo problema, potendo ritenersi solo in questo caso soltanto che la soluzione si collochi al di fuori dell'idea protetta".

Nello specifico, la Corte di Cassazione (nell'ordinanza n. 120 del 4/1/2022) ha enunciato il principio di diritto per cui “In tema di brevetti per invenzioni industriali e della loro contraffazione per equivalente, ai sensi dell’art. 52, comma 3 bis, del Codice Proprietà Industriale (…), il giudice – chiamato a valutare l’esistenza di un illecito contraffattorio – deve preliminarmente determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, poi individuare analiticamente le singole caratteristiche del trovato, così come espressamente rivendicate nel testo brevettuale, interpretate anche sulla base della loro descrizione e dei disegni allegati, e quindi verificare se ogni elemento così rivendicato si ritrovi anche nel prodotto accusato della contraffazione, anche solo per equivalenti, così intendendosi, secondo una delle possibili metodologie utilizzabili, quelle varianti del trovato che possano assolvere alla stessa funzione degli elementi propri del prodotto brevettato, seguendo sostanzialmente la stessa via dell’inventore e pervenendo al conseguimento dello stesso risultato”.

L'orientamento espresso recentemente dalla Suprema Corte appare evidentemente più idoneo a contemperare l'equa protezione del titolare della privativa con la ragionevole sicurezza dei terzi.

Nel merito tecnico specifico (per esempio a livello di consulenza tecnica d’Ufficio) appare peraltro essenziale evitare di incorrere in un equivoco di fondo nell’identificare che cosa si deve intendere per la stessa funzione degli elementi propri del prodotto brevettato, la stessa via dell’inventore e o stesso risultato. Il confronto va infatti condotto in modo omogeneo, evitando di riferirsi in modo del tutto erroneo, a risultati parziali, che di per sé non risolvono il problema posto alla base dell’invenzione brevettata.

Può infatti darsi il caso del contraffattore che, nel cercare di aggirare le rivendicazioni di un brevetto, attua una prima fase di procedimento, che non si legge nelle rivendicazioni del brevetto e non porta alcun risultato utile, per poi attuare una seconda fase, che anch’essa non si legge nelle rivendicazioni del brevetto e ha lo scopo di compensare la prima fase così da poter pervenire a un risultato utile. È evidente che, in un caso come questo, il confronto ai fini dell’apprezzamento dell’equivalenza va fatto facendo riferimento al complesso delle due fasi che conducono al risultato utile risolvendo il problema posto alla base dell’invenzione brevettata. Un confronto fra la lettera delle rivendicazioni e i) una prima fase, di per sé ridondante e inutile oppure ii) una seconda fase, di per sé altrettanto ridondante e avente l’unico scopo di compensare la prima fase è del tutto fuorviante sia dal punto di vista tecnico sia in punto di diritto.    

Cristina Freyria Fava

  

[1] Il cui testo recita:

1. La descrizione deve iniziare con un riassunto che ha solo fini di informazione tecnica e deve concludersi con una o più rivendicazioni in cui sia indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto.

2. I limiti della protezione sono determinati dal tenore delle rivendicazioni; tuttavia, la descrizione e i disegni servono ad interpretare le rivendicazioni.

3. La disposizione del comma 2 deve essere intesa in modo da garantire nel contempo un'equa protezione al titolare ed una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi.

3-bis. Per determinare l'ambito della protezione conferita dal brevetto, si tiene nel dovuto conto ogni elemento equivalente ad un elemento indicato nelle rivendicazioni.

[2] L'ordinanza è consultabile al link. https://sentenze.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-2977-del-07-02-2020.

[3] L'ordinanza è consultabile al link: https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2022/10/27/mirko.pdf

[4] Tali metodi di valutazione della contraffazione per equivalenti prevedono, il primo di verificare se la soluzione considerata in contraffazione svolge la stessa funzione, nello stesso modo e con lo stesso risultato finale dell'invenzione brevettata, il secondo di considerare se la realizzazione presunta contraffattoria costituisce per l'esperto del ramo, in forza della tecnica nota e della common general knowledge, "una ovvia variante" ovvero "una risposta banale e ripetitiva" rispetto a quanto rivendicato.

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